IL VICE PRETORE
    Nella  causa  promossa  da Gambirasio Giuseppe e Fiorini Francesco
 coll'avv. Aldo  Pivato  contro  Pappalardo  Gioacchino  e  Pappalardo
 Annamaria  coll'avv.  Edoardo  Andreotti  Loria,  ha  pronunciato  la
 seguente ordinanza.
    Rilevato che gli odierni ricorrenti avevano  proposto  ricorso  ex
 art.  3 legge n. 360/1991 per accertare che l'esecuzione per rilascio
 dell'immobile di loro proprieta' sito in Venezia San Polo  2167,  non
 era  soggetta alla sospensione disposta dalla stessa legge 8 novembre
 1991 n. 360;
      che i resistenti si erano costituiti nel  giudizio  instauratosi
 sostenendo l'applicabilita' della sospensione al caso de quo;
      che  il  pretore di Venezia con propria ordinanza 14 maggio 1992
 rigetto' il ricorso  proposto  dai  sig.ri  Gambirasio  e  Fiorini  e
 dichiaro'  non  sussistere la necessita' per il ricorrente Gambirasio
 di adibire l'immobile a  propria  abitazione  ma  solo  quale  dimora
 momentanea,   sul  presupposto  che  il  beneficiario  dell'immobile,
 Giuseppe Gambirasio, aveva la residenza in Bergamo ed  ivi  manteneva
 il  proprio  centro  delle  relazioni  sociali e familiari, mentre in
 Venezia  avrebbe  alloggiato  solo  per  poche  notti  la  settimana,
 svolgendo  egli  l'attivita' di docente all'Istituto Universitario di
 Architettura di Venezia;
      che avverso tale provvedimento la parte soccombente  interponeva
 istanza di revoca o modifica;
      che  questo  giudice  ha  ritenuto  di  qualificare  l'irrituale
 istanza quale opposizione agli atti esecutivi, in base  al  principio
 di conservazione degli atti e sul presupposto che l'istanza rigettata
 avrebbe potuto comunque esser riproposta;
      che  dopo l'esecuzione dei testi risulta non solo documentata ma
 anche provata la necessita' del Gambirasio di adibire  l'immobile  in
 questione  a proprio uso, per un periodo valutabile mediamente in tre
 giorni  alla  settimana,  onde  risulta  rilevante  interpretare   il
 disposto  normativo  dell'art.  3  della  legge  n.  360/1991 laddove
 afferma che la "sospensione non si applica nei  casi  di  documentate
 necessita'  del  locatore  di  disporne  per  abitazione propria, del
 coniuge, dei genitori o dei figli";
    Considerato che gia' il pretore, nel provvedimento opposto,  aveva
 precisato  che l'abitazione intesa come luogo nel quale stabilmente e
 abitualmente si conducono le relazioni di vita ed in  particolare  le
 relazioni  sociali,  andava distina dalla dimora, nella quale si puo'
 trascorrere un tempo piu' o meno limitato  ma  sicuramente  senza  la
 presenza dei necessari legami affettivi, economici e culturali con il
 luogo  stesso,  ed  aveva  quindi  interpretato il termine abitazione
 contenuto nella norma all'esame nel suo  significato  piu'  pregnante
 talche' non e' pensabile adibire un immobile ad abitazione (nel senso
 richiesto dalla legge n. 360/1991) senza trasferirvi anche la propria
 residenza per farne il centro della propria vita;
      che  una  tale  interpretazione  e'  stata  condivisa  da questo
 giudicante in altra sentenza, in  fattispecie  del  tutto  analoga  a
 quella  in  parola,  essendo  in  questo  senso  anche la ratio della
 normativa di tutela per Venezia;
    Rilevato tuttavia che la normativa piu' sopra esaminata integra la
 sospensione dell'esecuzione di un titolo reso in forma esecutiva,  il
 quale   sancisce   il  diritto  del  proprietario  di  riottenere  la
 disponibilita' dell'immobile, per un periodo  di  tempo  pari  a  sei
 anni;
      che,  nel caso di specie, il diritto del ricorrente Gambirasio a
 riottenere la  disponibilita'  del  proprio  immobile  e  gia'  stato
 incontrovertibilmente  proclamato  dall'autorita'  giudiziaria,  onde
 necessita  solo  della  fase  esecutiva  affidata,   in   base   alle
 disposizioni  del  codice  di rito, all'ufficiale giudiziario, la cui
 attivita' e' soggetta al possibile controllo da parte del g. e.;
    Considerato di  conseguenza  che  tale  norma  appare  violare  il
 disposto  dell'art.  24  della  Costituzione,  il quale stabilisce la
 possibilita' di agire in sede giudiziaria per far valere  un  proprio
 diritto,  anche  e  soprattutto  in  ragione  del  lungo  periodo  di
 sospensione - sei anni - previsto dalla legge  a  cagione  del  quale
 viene  paralizzato  praticamente  sine die un diritto gia' proclamato
 come tale;
      che a tanto pare condurre anche la  motivazione  della  sentenza
 della  Corte  costituzionale 5 aprile 1984, n. 89, laddove giustifica
 ed   implicitamente   dichiara   costituzionalmente   legittime    le
 disposizioni legislative che "per venire incontro alle singole e con-
 crete  esigenze  dei  conduttori"  hanno  differito  il  termine  per
 l'esecuzione del provvedimento di rilascio,  mentre  nella  normativa
 qui  all'esame  il  differimento non riguarda casi singoli e concreti
 ne' si riferisce a  proroga  temporalmente  limitata,  tanto  da  far
 pensare  che  il  "blocco" delle esecuzioni costituisca la regola, in
 apparente totale  violazione  del  gia'  citato  art.  24  oltre  che
 dell'art.  42  della Costituzione (in particolare del terzo comma ove
 si prevede l'indennizzo nel caso di espropriazione, essendo nel  caso
 prefigurabile un'espropriazione de facto) .
    Considerato  altresi'  che  comunque una tale normativa si pone in
 apparente, aperta violazione con l'art. 3 della  Costituzione,  sotto
 il   profilo   dell'irragionevole  diseguaglianza  tra  locatori  che
 intendono adibire l'immobile  a  propria  residenza  e  locatori  che
 intendono   usufruire   dell'immobile   in  proprieta'  per  esigenze
 abitative stabili e serie, anche se per periodi limitati di  tempo  e
 pur  non volendo trasferirvi la residenza, in quanto non ritengono di
 costituirvi il centro della propria  vita  di  relazione,  culturale,
 sociale ed economica;
      che  cio'  appare contrastare anche con la stessa ratio legis in
 quanto il caso  de  quo  costituisce  un'occasione  di  arricchimento
 culturale   per   il  tessuto  sociale  cittadino  e  per  l'istituto
 universitario  in  particolare,  conformemente   alla   ratio   della
 normativa  di salvaguardia, normativa che non puo' essere considerata
 come mera cristallizzazione di una situazione di  fatto  ma  come  un
 rilascio  per  rivitalizzare,  anche  sotto  il  profilo culturale ed
 economico, la citta' lagunare onde una presenza attiva, anche se  non
 costante,  in  citta'  non  puo'  essere  penalizzata solo perche' il
 locatore non intende radicarvi il proprio  centro  di  relazioni,  ma
 costituisce  un  requisito da valutarsi quantomeno sullo stesso piano
 rispetto alla posizione del conduttore;
    Attesa  la  rilevanza  delle  questioni  nel  presente   giudizio,
 vertendo   esso   sull'applicazione   della   norma   sospettata   di
 illegittimita' costituzionale in base  all'unica  interpretazione  ad
 essa attribuibile, in virtu' del suo tenore letterale e logico;
    Atteso altresi' che l'immobile in questione verrebbe, sulla scorta
 delle  testimonianze  agli  atti, sicuramente occupato dal ricorrente
 Gambirasio, per senza trasferirvi la residenza, con  cio'  escludendo
 di fatto l'incrementarsi del fenomeno delle case "sfitte".